Se lo chiede John Ioannidis nell'articolo pubblicato da European Journal of Clinical Investigation .
Quello dell’overloading e della qualità delle pubblicazioni scientifiche è, infatti, un grosso problema: poco di quanto viene pubblicato nella letteratura scientifica può essere considerato affidabile e soprattutto utile a professionisti e pazienti per prendere decisioni che hanno una ricaduta clinica.
A questo problema si aggiunge il fatto che la maggior parte dei professionisti sanitari, dei giornalisti e divulgatori dei mass media, ignorano questo grave problema, e spesso non hanno neppure le competenze per una valutazione critica della qualità della letteratura scientifica.
Di conseguenza a pazienti e cittadini arrivano informazioni mediche che molto spesso non sono basate su evidenze concrete o su ricerche metodologicamente corrette (revisioni sistematiche).
Secondo l’autore, per sopravvivere nella giungla della disinformazione medica è necessario educare ed istruire il personale medico e sanitario alla lettura critica della letteratura scientifica, delle revisioni sistematiche, alla comunicazione dell’evidenze mediche a pazienti e familiari.
In tutto questo, quale ruolo può giocare il bibliotecario biomedico?
Secondo noi importantissimo, attore di mediazione culturale tra scienza e pubblico.